25 febbraio
II domenica di Quaresima

Parola di Dio

Gen 22, 1-2. 9. 10-13. 15-18: Il sacrificio del nostro padre Abramo
Sal 115: R. Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi
Rm 8, 31-34: Dio non ha risparmiato il proprio Figlio
Mc 9, 2-10: Questi è il Figlio mio, l’amato

 

Commento

La seconda domenica di Quaresima dell’anno B è caratterizzata principalmente dal racconto della Trasfigurazione secondo Marco (Mc 9,2-10) e dall’episodio del libro della Genesi riguardante il sacrificio di Isacco e il rinnovamento della promessa di Dio ad Abramo (Gen 22,1-2.9.10-13.15-18). La seconda lettura, tratta dalla Lettera ai Romani (Rm 8,31-34), ci spinge alla lettura cristologica della vicenda del patriarca Abramo e del figlio Isacco. Anche Dio infatti «non ha risparmiato il proprio Figlio».

Il racconto della Trasfigurazione di Gesù sul monte con la presenza di tre testimoni prescelti, Pietro, Giacomo e Giovanni, caratterizza in ogni ciclo liturgico la seconda domenica di Quaresima ed è legato all’episodio della prova nel deserto che invece troviamo nella prima domenica. Si tratta di due facce della stessa medaglia: da una parte la lotta contro il male, che si oppone alla vita umana piena, dall’altra la trasfigurazione della vita umana nella luce di Dio che deriva dall’adesione alla volontà del Padre.

Nel Vangelo di Marco la Trasfigurazione si colloca in un contesto di tensione e di opposizione. Gesù nel suo cammino incontra l’opposizione dei suoi contemporanei, deve affrontare impegnative dispute con molti interlocutori religiosi del suo tempo, sperimenta la radicale incomprensione e cecità dei suoi discepoli ed è costretto ripetutamente a ribadire le condizioni della sequela e il senso del suo ministero. Basta pensare all’episodio di Cesarea di Filippo, quando, alla confessione di fede di Pietro, segue l’incapacità del discepolo a comprendere la strada del maestro. In questo contesto di contrapposizione, che allude alla futura passione e morte, si colloca l’episodio della Trasfigurazione, che lascia intravedere la gloria della risurrezione. Le vesti candide creano un legame tra l’episodio che avviene sul monte della gloria e l’apparizione di un giovane «vestito d’una veste bianca» (Mc 16,5) la mattina del primo giorno dopo il sabato.

L’episodio della Trasfigurazione mostra come la vita e la gloria possano manifestarsi anche in un contesto di opposizione e di morte, di lotta e di fatica. Perché la gloria si manifesti occorre l’ascolto della Parola di Dio che è stata comunicata tramite Elia e Mosè, che conversano con Gesù. Essi sono certo immagine della Legge e dei profeti, ma anche coloro che nella tradizione ebraica già vivono in Dio e nella comunione con lui. Ora questo ascolto continua nella parola di Gesù. Infatti la voce dal cielo invita ad ascoltare lui: «ascoltatelo!». Si tratta di un elemento molto importante. Ora la Parola di Dio si ascolta nella voce del Figlio «amato». Un elemento ulteriore che esprime la relazione unica del Padre con Gesù e di Gesù con i suoi discepoli.

Nella prima lettura troviamo una seconda tappa del cammino di alleanza di Dio con il suo popolo e con l’umanità intera. Nel caso di Abramo, di alleanza si parla in Gen 17 (cf. Gen 17,2), tuttavia anche in questo episodio del sacrifico di Isacco il Signore rinnova la sua promessa al Patriarca.

Un giorno ormai lontano Abramo aveva sentito la parola del Signore, una parola misteriosa, una voce sconosciuta, che gli diceva di andare (Gen 12,1): «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò». Per Abramo si trattava di lasciare tutto il suo passato, i suoi parenti, la casa di suo padre. Ora, nell’episodio del sacrificio di Isacco, proprio quando sembra manifestarsi un timido segno di realizzazione della promessa, ad Abramo viene chiesto di lasciare anche il proprio futuro.

È la vocazione dell’uomo che Dio ha pensato alle origini: la richiesta di Dio che Adamo rifiutò cercando di possedere, di prendere (Gen 3,6) la creazione e i suoi frutti non come dono di Dio, ma come suo possesso. Abramo guarda ciò che ha ricevuto dalle mani di Dio come un dono di cui egli non è padrone. Abramo fa la parola del Signore  (cf. Gen 22,16) e per questo la sua prima chiamata si realizza e il suo futuro diviene realmente benedizione. La vita dell’uomo diventa benedizione quando sa entrare nella logica del dono, allora Dio vede e si lascia vedere. È su quel monte che il Signore si lascia vedere, perché un uomo ha accolto la logica del dono.

Su un altro monte la logica del dono è stata accolta, il monte della croce, dove Gesù dona la sua vita con amore e dove Dio stesso si dona nel suo prediletto/unico Figlio, e anche quel dono diventerà benedizione e alleanza per una moltitudine di figli condotti alla gloria, che oggi su un altro monte, quello della Trasfigurazione, già risplende! L’espressione «Figlio amato» crea un significativo legame tra il brano evangelico (Mc 9,7) e la prima lettura (Gen 22,2), uniche due ricorrenze in tutta la Scrittura. Il brano della Lettera ai Romani può portare ad esplicitare questo collegamento e a legarlo alla vita dei credenti in quanto si parla di Dio che «non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi». Si entra così ancora più profondamente nel tema pasquale che verrà ripreso e approfondito nelle domeniche successive.